È la ginnasta ucraina più titolata di sempre, con un oro e un bronzo olimpici: scopriamo la storia di questa star degli anni '90!

Una indiscussa protagonista della ritmica degli anni ’90 è senza dubbio Alexandra Timoshenko, campionessa olimpica nel 1992 a Barcellona. Tecnica e virtuosismo, interpretazione della musica e determinazione fanno di lei una figura di riferimento della ginnastica ritmica mondiale.

Nonostante i momenti difficili, la determinazione e la forza di volontà, così come il lavoro minuzioso in palestra e l’amore per la disciplina, non l’hanno mai scoraggiata, rendendola la campionessa che oggi ricordiamo, una ginnasta che non aveva timore né della concorrenza interna di altissimo livello, né delle avversarie con cui si confrontava sulle pedane di tutto il mondo.

L’inizio della carriera

Nata il 18 febbraio 1972 nella cittadina sovietica di Bohuslav, nell’attuale Ucraina, Alexandra si trasferì a Kiev all’età di otto anni per motivi di lavoro del padre, iniziando a frequentare la Scuola fondata da Albina Deriugina.

Nonostante avesse iniziato a praticare ginnastica ritmica con qualche anno di ritardo rispetto alle sue coetanee, alla luce dei suoi rapidi e continui miglioramenti nel 1987 fu scelta per la partecipazione ai Campionati Europei Junior, ottenendo un sorprendente e inaspettato settimo piazzamento alla sua prima competizione a livello internazionale.

L’anno successivo, il primo nella categoria Senior, Alexandra ottenne il diritto di partecipare agli Europei di Helsinki, vincendo il titolo nell’All Around, a pari merito con altre due ginnaste, Koleva e Dunavska, e vincendo anche tre ori di specialità.

Il valore di Timoshenko ormai era evidente: nel 1988, a soli 16 anni, Alexandra si trovò a calcare la pedana dell’evento sportivo più importante, i Giochi Olimpici di Seoul, vincendo una storica medaglia di bronzo accanto a ginnaste ben più esperte di lei.

Sasha condusse una finale impeccabile, ottenendo il massimo punteggio di 10 in ciascuna delle quattro esecuzioni, ma il risultato fu pari a quello di Marina Lobacht e Adriana Dunavska. Purtroppo, un errore alle clavette durante la qualificazione le precluse la possibilità di conquistare l’oro, poiché all’epoca la classifica veniva determinata dalla somma di qualificazione e finale. Furono quindi Lobacht e Dunavska a vincere rispettivamente l’oro e l’argento, lasciando Alexandra sul terzo gradino del podio.

L’ascesa

L’ascesa di Timoshenko non si arrestò: nel 1989, ai Mondiali di Sarajevo, conquistò cinque delle sei medaglie d’oro a disposizione e l’anno successivo ottenne il suo secondo titolo europeo. Proprio in quegli anni Natalia Kuzmina, capo allenatore URSS, raccontò che durante i Campionati sovietici del 1989 Alexandra fu accidentalmente colpita dalla bacchetta del nastro di una ginnasta avversaria, causandole una ferita piuttosto profonda nella zona dell’occhio. L’allenatrice non si aspettava certo di rivederla scendere in pedana il giorno dopo e vincere l’oro nel concorso generale.

Per le colonne sonore Alexandra spaziava da autori classici, come Puccini e Gershwin, a ritmi più tradizionali, come la versione modernizzata di una danza popolare ucraina utilizzata per la fune. Grazie anche alle innovazioni dei regolamenti riguardo le scelte dei brani da utilizzare, Alexandra ha saputo negli anni innovarsi, optando per brani sempre più moderni e veloci. Tra questi ricordiamo “Dirty Diana” di Michael Jackson, utilizzato al nastro nel 1990.

Abbiamo scelto la musica (di Michael Jackson) come accompagnamento al mio esercizio al nastro. Tutto quello che devo fare per entrare in sintonia con la musica è quello di ricordare uno dei suoi video.

Ben presto iniziò però a farsi sentire il peso della concorrenza: nel 1991, ad Atene, nonostante un’ottima stagione, Alexandra dovette accontentarsi dell’argento nel concorso generale alle spalle di Oksana Skaldina, anche se si aggiudicò tutte le finali di specialità; mentre nel 1992 fu un’altra Oksana, Kostina in questo caso, a soffiarle il titolo europeo.

Ai Giochi Olimpici di Barcellona del 1992, edizione a cui le Repubbliche dell’ex Unione Sovietica parteciparono unificate, l’esito non era quindi di certo scontato. Alla fine fu Timoshenko ad avere la meglio, salendo sul gradino più alto del podio proprio a discapito di Skaldina, terza alle spalle della beniamina di casa. La spagnola Carolina Pascual infatti vinse l’argento, la prima e unica medaglia olimpica individuale nella storia della ritmica spagnola.

Una piccola incertezza alla palla non le impedì di laurearsi campionessa olimpica, sfiorando il 10.000 in tutti e quattro gli attrezzi: i punteggi di 9.700 alla palla e 9.950 a fune, cerchio e clavette testimoniano infatti delle performance al limite della perfezione. Al temine dell’ultima rotazione, l’allenatrice Albina accolse Timoshenko, ancora incredula, tra le lacrime di gioia.

Il ritiro

Sebbene la Federazione del neonato Stato Ucraino tentò di convincerla a proseguire la carriera, Timoshenko dopo i suoi secondi Giochi decise di ritirarsi. Tra le cause ci sono da una parte il sempre più massiccio ed eccessivo carico di lavoro, dall’altra l’instabilità politica e le pessime condizioni economiche che stava affrontando il suo Paese, che non potevano garantirle un solido futuro.

Alexandra preferì così portare a termine gli studi presso la Facoltà di Educazione fisica di Kiev e poi, dopo un’esperienza di lavoro come allenatrice in Germania, si trasferì definitivamente a Vienna, dove intraprese gli studi in legge.

Ho conosciuto molte allenatrici che, oltre alla ginnastica, non avevano nulla. Io volevo una vita serena, in cui poter rinviare in qualsiasi momento gli impegni di lavoro.

Attualmente Alexandra alla ginnastica si dedica più per diletto che per lavoro e quasi esclusivamente nel tempo libero. Ha studiato per diventare giudice (nel 2010 ha partecipato alla 1° Accademia di III livello di Ginnastica Ritmica a Pesaro dove si è laureata, neanche a dirlo, con il punteggio più alto), ma ben consapevole che quella non sarebbe mai diventata la sua occupazione principale. Nonostante numerose proposte Alexandra ha sempre rifiutato infatti l’idea di aprire una Scuola tutta sua.

C. Oxonitsch, M. Petrova, A. Timoschenko, F. Manseder e M. Lobatch all’apertura degli Europei di Vienna 2013

Un’icona indimenticabile

Alexandra si definisce una persona piuttosto riservata e ha sempre cercato di rimanere lontano dai riflettori. La sua vita privata era, e lo è ancora, ai più sconosciuta. Persino il titolo di campionessa olimpica è stato vissuto quasi come un peso.

Preferisco che la gente mi conosca per la persona che sono e non per i titoli che ho conquistato in carriera.

Le immagini delle sue performance sono da conservare come un vero e proprio patrimonio, una traccia della ginnastica del passato ma, allo stesso tempo, una testimonianza dell’evoluzione di questo sport nel corso degli anni, dall’utilizzo della musica alle tecniche di costruzione degli esercizi. Evoluzione contro cui la stessa atleta si è dimostrata spesso piuttosto critica, non apprezzando il fatto che la ricerca della perfezione tecnica nell’esecuzione delle difficoltà abbia prevalso con il tempo sull’aspetto artistico e lo studio di soluzioni originali.

Il suo lavoro con gli attrezzi in armonia con la colonna sonora, che ancora oggi caratterizza la Deriugina School in cui si è formata, si è tramandato attraverso generazioni di ginnaste. Carolina Pascual, l’argento di Barcellona, la definisce una persona eccezionale, spesso contrapponendola a Skaldina che, durante la Cerimonia di Premiazione dei Giochi, si rifiutò persino di stringerle la mano. Anna Bessonova, regina della ginnastica ucraina, ha dichiarato che Timoshenko non solo è la sua ginnasta preferita, ma è stata per lei idolo e modello da seguire.

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Ex-ginnasta e allenatrice, dal 2009 lavora nel settore sportivo e scrive per alcune testate web.

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bakis42
17 giorni fa

Il mio interesse personale per la ginnastica ritmica si è risvegliato per la prima volta nel 2022, scoprendo per caso su Internet i video in diretta dei Campionati del Mondo (ho dovuto distinguere due volte la parola “Sofia” e, dopo uno studio appassionante e intenso, ho capito che avrei avuto la garanzia di leggere e sentire più spesso la parola “Darja” nella stagione successiva – ed è quello che è successo). Quello che voglio dire è che gli eroi del passato mi erano completamente sconosciuti, e lo sono ancora oggi, più o meno. Ma guardare al passato è naturalmente molto interessante, soprattutto quando dopo cena ti viene servito un “concentrato” stilisticamente delizioso come questo. Chiara Tola ha fatto questo sforzo e la ringrazio perché ha messo in moto alcune riflessioni. Non mi dilungherò troppo e mi limiterò a citare due “tesi” che mi sono venute in mente. La prima è che i regolamenti nello sport non solo hanno portato a ingiustizie talvolta palesi contro gli atleti nel nostro tempo, e questo non cambierà mai.

La seconda tesi: senza il risultato semplicemente ingiusto dei Giochi Olimpici di Seul 1988 contro la “giovanissima” Alexandra Tymoshenko, la storia della ginnastica ritmica sarebbe più povera di fascino abbagliante. All’inizio sembra una contraddizione, ma chi ha seguito da vicino il reportage può arrivare alla stessa conclusione. Ho avuto l’impressione che da una sconfitta estremamente formativa sia nata una persona affascinante e forte. Una storia di vita da cui, credo senza alcun phatos, tutti possono imparare qualcosa di molto importante.

Sammy
18 giorni fa

Era una delle mie ginnaste preferite (sono vecchia!) 😍

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